Parlando di crisi partendo dal Weiji: non solo pericolo ed opportunità

Parlando di crisi partendo dal Weiji: non solo pericolo ed opportunità

Sep 8th, 2014

Parlando di crisi partendo dal Weiji: non solo pericolo ed opportunità

Riskope ringrazia Luca Calderan per questo interessante contributo.

Il termine weiji è noto a molti esperti di consulenza e risk management a partire da un discorso di John F. Kennedy del 12 aprile 1959 ad Indianapolis. Da quel momento in poi ha infatti preso piede nel mondo della politica e del business la dicotomia tra weiji (ovvero il termine cinese per la parola crisi) e la traduzione con i due ideogrammi che rappresenterebbero rispettivamente il pericolo (wei) e l’opportunità (ji).

Da allora si sono diffuse a macchia d’olio le frasi motivazionali sul fatto di evitare il pericolo ed imparare a cogliere le opportunità.

Il tempo ha però fatto emergere un punto di vista differente, quando alcuni linguisti hanno sì confermato nel comporre la parola crisi in cinese il termine wei rappresenti il pericolo, ma il polisenso ji avrebbe tra i suoi significati punto cruciale e non già opportunità.

Ad un occhio superficiale ciò non comporterebbe nulla ma invece dovrebbe portarci a rivedere il punto di vista su tante cose.

Per anni è prevalso, soprattutto nel nostro Paese, un approccio basato unicamente sull’inseguire opportunità senza valutare attentamente i pericoli (o le minacce se si predilige il metodo basato sulla SWOT), senza mai interrogarsi su quale fosse il “momento cruciale” nel quale prendere le decisioni, considerando attentamente e valutando con metodo scientifico la situazione, preferendo situazioni di falsa sicurezza.

Ancor oggi prevale in gran parte la filosofia del bigger is better, con accorpamenti societari continui, che se da un lato consentono il contenimento dei costi nel breve periodo, dall’altro spalancano le porte agli investitori stranieri che intravedono interessanti nicchie di mercato, nuovi target insoddisfatti e desiderosi di novità ed attenzione e capaci di mettere in atto strategie di mercato innovative e di ampio respiro.

Il vero punto cruciale (ovvero il ji che si diceva in apertura) riguardo l’atteggiamento delle aziende del nostro Paese è perciò uno: ristabilire la capacità di essere competitivi e di capire le dinamiche in atto per poter predisporre strategie efficaci ed anticipare così i bisogni del mercato.

Attualmente sembriamo aver perso la concezione del nostro valore e dei punti di forza sui quali intervenire in maniera concreta. Viviamo in un mondo in cui anche nel business emergono talenti sempre più giovani e che pertanto intravedono opportunità e dialogano con un mondo che vive di contatti sociali, tecnologia e nuovi bisogni e si sente forte il bisogno di far emergere anche qui qualche figura giovane che sia in grado di competere sul piano internazionale.

Secondo alcune teorie la crisi è il momento in cui si è costretti a prendere una decisione (stando all’etimologia greca che riporta alla valutazione, alla scelta o alla separazione) ed in effetti non vi è momento migliore per ridefinire tutto e partire da basi più solide per uno sviluppo duraturo.

Ma non sarebbe corretto valutare il weiji ignorando il primo ideogramma, il pericolo, spauracchio che terrorizza imprenditori ed esperti e che invece dovrebbe aprire le porte ad una gestione del rischio moderna e ragionata, indagando a fondo sulle ragioni reali che hanno portato allo stallo attuale (anziché utilizzare sempre solo il ritorno in termini di fatturato nel breve periodo).

La visione di Einstein ci può venire in aiuto, perché se da un lato è utopistico vedere la crisi come fattore di cambiamento, essa è sicuramente un momento di selezione darwiniana, in cui solo i più adatti sopravvivono e si evolvono. Inoltre il suo punto di vista ci ricorda che è stupido aspettarsi cambiamenti se si continua a fare le cose nello stesso modo (perché si è sempre fatto così e funzionava, ma in un mondo basato su uno scenario e su atteggiamenti ed abitudini del tutto differenti).

Ormai il cliente è il centro del mondo e pertanto il punto di vista va ribaltato e ripensato all’origine, in termini di posizionamento, comunicazione, attenzione e di definizione delle strategie e dei processi.

Chi sa cogliere tali cambiamenti anticipa il mercato ed affronta efficacemente il rischio (misurandolo con parametri reali e coerenti con i cambiamenti dei consumi e degli stili di vita), chi invece non cambia mentalità è destinato in partenza a seguire, con il rischio che la contrazione dei consumi e la poca conoscenza dei gusti dei consumatori rischino di causare il default.

Perciò per fronteggiare la situazione occorre ritrovare il coraggio di studiare il pericolo ed il rischio, di guardare oltre l’abisso per scoprire un mondo meno complicato e più vicino alle nostre esigenze di quanto si possa pensare, ma con dinamiche in costante cambiamento e che non consentono di sopravvivere a chi ha una mentalità rigida o datata.

Luca Calderan

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Category: Italiano, Risk management

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